Dialetto locale
Una comunità possiede tratti distintivi che ne definiscono l’identità. Di tali tratti il linguaggio, a pieno titolo, assume un ruolo rilevante. Anche Gasperina ha una propria lingua “ufficiale”, un dialetto con sue peculiarità. Il fonema che maggiormente caratterizza il dialetto gasperinese è un suono dentale cacuminale, rappresentato dal grafema –ḍ- (cfr. Dizionario dei dialetti della Calabria Meridionale di Giuseppe Antonio Martino), corrispondente nella lingua italiana alla lettera –l– geminata, e rintracciabile in alcune parole dialettali come chiḍu (quello), ceḍu (uccello), spaḍa (spalla), gneḍu (agnello). Questo suono viene anche ad essere motivo di sarcasmo da parte dei paesi limitrofi che chiamano i gasperinesi viḍi, viḍi, espressione che la tradizione linguistica gasperinese riporta nella frase ‘u tempu hàcia viḍi, viḍi (il tempo pioviggina – cfr. Parole ed altro del dialetto di Gasperina di Gori Celia).
Come nelle altre parlate calabresi, anche in quella di Gasperina si riscontrano influenze delle lingue di popoli che giunsero in Calabria. Si ritrovano termini riconducibili al greco antico, al latino, al francese, allo spagnolo, ma anche all’inglese, frutto, in quest’ultimo caso, del rientro in patria di emigrati negli Stati Uniti d’America. Per alcuni fonemi, pertanto, si utilizzano grafemi provenienti dalle lingue che hanno lasciato traccia nel dialetto gasperinese. Ne è una dimostrazione il grafema –χ- (ch aspirato) greco; il migliore esempio per l’utilizzo di questo grafema lo troviamo nel termine dialettale χialona (tartaruga) che ricorda, sia nel significato che nel suono mediopalatale aspirato, l’antico termine greco χeλώnη (chelòne).
La –i– , seguita da vocale all’inizio di parola o in posizione intervocalica in corpo di parola o in posizione tra la –h– ed una vocale, assume ruolo e suono di semiconsonante e, in tal caso, è rappresentata col grafema –j– (jod usato nella lingua greca arcaica, corrispondente a –i– seguita da vocale). Esempio: chjanu (piano), Jiricuccu (ruga del paese), jinoṣṭṛa (ginestra).
Assume valore di consonante la –h-, fricativa velare, iniziale o intervocalica (cfr. Nuovo Dizionario Dialettale della Calabria di Gerhard Rohlfs). Di per sé è un mutamento fonetico dove la –f– iniziale latina si converte in una –h- aspirata; questo mutamento, un tempo presente soprattutto nella lingua spagnola, oggi lo troviamo in alcuni dialetti della Spagna meridionale (Andalusia, Estremadura…) ed in alcune zone della Calabria. Esempi di termini gasperinesi: hicu (fico), cahè (caffè), arrahara (procedere stancamente).
Altri suoni tipici del dialetto gasperinese sono rintracciabili in nessi cacuminalizzati, quali: –ḍṛ– (nḍṛaca, portulaca); –ṣṭṛ- (ṣṭṛata, strada; noṣṭṛu, nostro) e –ṭṛ- (ṭṛacca, rotaia della ferrovia; paṭṛa, padre).
Da evidenziare, infine, che nella parlata di Gasperina vi può essere, a seconda del contesto, l’uso della labiale occlusiva sonora –b– o dell’allofono spirante –v-. Si dice vaju a Brisi (vado a Brisi) oppure ‘a huntana ‘e Vrisi (la fontana di Vrisi); per il pronome vui (voi), per esempio, possiamo trovare ṭṛa de vui (tra di voi) oppure vegnu cu‘ bui (vengo con voi). Termini usati della parlata gasperinese, inseriti ora anche nei dialetti di alcuni paesi limitrofi, sono cciòmu (bambino) e cciòma (bambina/bambine/bambini).